Il tredici di agosto

Il tredici di agosto
I Cani, 2006
Attualizzazione di una classica canzone della “mala” milanese (La povera Rosetta), che racconta l’assassinio di una prostituta da parte di un questurino, il dolore che coglie la comunità malavitosa (la ligera) e le compagne della vittima, la promessa della vendetta.
C’era un sottomondo che non esiste più, governato da un codice d’onore e da vincoli solidaristici oggi perduti. Forse qualcosa di simile può ritrovarsi in un campo di zingari… dove nasce una storia d’amore fra un poco di buono, figlio d’un emigrante italiano in Sudamerica, e una giovane schiava, “importata” dalla Romania con l’ingannevole prospettiva di un onesto lavoro e poi messa a battere la strada.

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A volte i tempi d’incubazione di una storia sono lunghi, per me.
Era da tanto che avevo voglia di mettere in fumetto non tanto la vicenda della Povera Rosetta, ma tutte le cose che canta e che mi danno commozione: l’attenzione agli ultimi, gli sputati in faccia. Il loro senso della giustizia. Il cordoglio e il lutto condivisi, la pietà. La solidarietà compatta in una malavita che pare una classe sociale.
Sapevo che questo mondo non esiste più, ma non avevo voglia di ambientare, nostalgicamente, la mia storia nel passato. Come risolverla?
L’idea è venuta guidando su una provinciale di campagna. Avevo un’auto davanti. Del guidatore, necessariamente, non vedevo che la nuca. Eppure è stato subito lui, Don José… mistero. E il luogo della solidarietà fra gli sputati in faccia… sì, poteva essere un campo nomadi.
Un caro amico, Franco Pasello, noto a mezza Milano come instancabile attivista anarchico perché diffondeva la stampa libertaria davanti alla stazione di Cadorna tutti santi i mercoledì del calendario, era diventato negli anni precedenti un intimo amico del popolo degli zingari. Lo era diventato scattando e regalando fotografie a bambini e famiglie nomadi in tutta la città e nei dintorni. Aveva anche sognato di diventare uno di loro. A suo modo lo è stato.
Ho fatto qualche cena con Franco, mi sono fatto dire tutto. Gli ho sottoposto il mio abbozzo di storia per verificare se fosse credibile. Le “slicche” (le fotografie, che mi ha messo a disposizione) e tutti i suoi racconti e la sua sapienza, sono stati fondamentali, anche per la trama stessa della storia. Ad esempio, io non sapevo che le zingare non si prostituiscono (non si prostituivano, allora. Le cose cambiano velocemente): la mia protagonista doveva venire da fuori. E come succede che viene accolta in un campo e ne diventa l’angelo? Mumble.
A volte le storie si costruiscono e si arricchiscono così, risolvendo problemi.

Franco è un altro amico che non c’è più. È un altro amico a cui ho voluto molto bene e che ho frequentato troppo poco. Ma ogni volta che ci siamo visti, mi ha dato un pezzetto del suo cuore, e ha toccato il mio. Sono orgoglioso di avere avuto il suo appoggio per Il tredici di agosto, fra le mie storie forse quella meno apprezzata… la più sputata in faccia. Quella a cui voglio più bene.