diario degli alberi
Questa pagina è una specie di diario e, come usa negli odierni digitalismi, si legge dal fondo in su.
Tutta la storia la racconto sul blog dei Topipittori.
28 ottobre
Non avendo tutto il tempo necessario, il disegno nasce come “incompiuto in partenza”, con un segno leggero che traccia solo quello che di volta in volta calamita lo sguardo, senza un intento ritrattistico vero. Più appunti, che disegno… e mi piace la qualità che risulta… assomiglia molto al mio stato d’animo del momento.
Ci sono una marea di cose interessanti rimaste fuori dal disegno, soprattutto negli spazi bianchi dell’albero in primo piano, ma non solo.
… A riguardare il disegno, mi sbalordisce sapere di avergli dedicato un’ora e mezza di lavoro… ma mi succede quasi sempre. Il risultato pare sempre molto meno laborioso di quanto è stato raggiungerlo.
3 ottobre
… Le radici sono molto più difficili dei rami, e non solo perché le frequento meno. Hanno forme e direzioni spesso impreviste e sono proprio difficili da vedere, prima ancora che da disegnare. E poi spesso sono lisce, cosa che non me ne facilita la resa… si veda la mia difficoltà coi bagolari (il platano spesso è ancor più liscio, ma le macchioline sulla corteccia aiutano tanto).
30 settembre
Oggi mi confronto con la fallibilità, con l’irrimediabilità di alcuni segni. Uno dei rami principali non corrisponde affatto al modello. Era difficilissimo. Contavo sulla possibilità di aggiustare via via sovrapponendo segni su segni, cosa che in passato ha sempre funzionato, portando a risultati più o meno accettabili.
Mi sono fidato di appesantire presto i segni. In passato, anche se i segni erano sbagliati, questo mi dava un primo orientamento su come intervenire e correggere – e al tempo stesso un’urgenza drammatica di trovare la giusta sintonia con la visione prima che fosse troppo tardi. Ma stavolta ho dovuto accettare il fallimento, e importa poco che, senza avere l’albero reale davanti, non si nota.
28 settembre
Cercavo un albero da disegnare svelto, nell’oretta di tempo che ho nel pomeriggio. Quando mi siedo davanti a questo platano, all’interno di un’area cani, so bene che non ce la farò, ma lo trovo straordinariamente bello e mi lascio sedurre a prima vista.
Liscissimo, ha addosso il sole del pomeriggio che lo accende e pare quasi espandere una calda luce sua. Ribadisco: il platano è la più sensuale di tutte le piante che sto ritraendo, e di gran lunga. Ognuna delle sue curve chiamerebbe, assieme all’occhio, anche le mani ad accarezzarlo e palparlo come parti d’irresistibile corpo femminile… e quando in lui incontro fianchi e bacini vado in confusione.
A tratti, seguendo le linee con l’occhio nei loro percorsi, se assecondo la forza di gravità e mi lascio portare con lo sguardo giù per lo scivolo delle curve e dei salti, la bellezza che vedo mi pare così vertiginosa che mi strappa esclamazioni entusiaste a voce alta (ehm… sotto lo sguardo perplesso dei pascolatori di cani).
(30 settembre)
Con tutto il piacere, il godimento che mi dà questo platano, temo che sia poco allineato col mio temperamento (attuale) di disegnatore. Mi accorgo, lavorandoci a lungo, che mi risulta faticoso tracciare e ritracciare tutte queste linee morbide e curve piuttosto che scavare nervosamente la materia aspra del vecchio ciliegio, ad esempio. E comunque, se confronto con l’albero reale, il mio disegno appare desolatamente secco!
17-18 settembre
Mentre disegno i bambini mi passano accanto per andare a scuola: sono molto incuriositi e carini. “Quest’albero si chiama Asdrubale”, mi dice un papà passante con la prole sua e altrui.
6 settembre
Decido di lasciarmi andare alla forza di quello che vedo punto per punto, senza costruire né badare troppo alle proporzioni: non ho proprio lo stato d’animo per un lavoro delicato e di cesello e soprattutto ho bisogno di esprimere con immediatezza, farmi portare dalla forza dell’albero, prenderla in me e risputarla fuori attraverso il gesto della mano.
E, una volta di più, il risultato finale non sembra granché diverso dal solito…
2 settembre
Carpino bianco dai rami “abbracciati”. Mi ha rallentato il lavoro la lunga telefonata di un amico sui suoi problemi di cuore… a proposito di abbracci. Mi ha rallentato anche se ascoltando per un’ora ho continuato a disegnare… ma soprattutto mi ha tenuto occupata la testa, così ho disegnato quasi in automatico. La cosa che mi fa specie (e che m’indispettisce un po’) è che non vedo differenza nel risultato rispetto al mio disegnare concentrato. Dovrei trarne qualche perspicace conclusione?
3 settembre
Senza sveglia, ho concluso il carpino dedicando tutto il tempo necessario all’abbraccio dei due rami. Sono quasi soddisfatto, anche se il disegno non restituisce fino in fondo la strettezza dell’abbraccio.
…
Riguardo il disegno senza più l’albero davanti ma con la memoria di lui ancora fresca. La prima cosa che mi colpisce è l’arbitrarietà delle mie scelte espressive. D’accordo che lo sguardo obiettivo non esiste e nemmeno m’interesserebbe, ma qui mi pare di avere rappresentato una parte limitatissima dell’essere… una parte che dice assai più di me che di lui. Mi viene questo paragone: come assistere alla recita di un grande poeta che attraverso il suo genio ti fa viaggiare in mondi lontani e ti trasmette un’intuizione sul mistero della vita, e raccontarlo in giro a partire dall’abbigliamento che assomiglia al tuo stile di vestire. Nessuna bugia, per l’amor di dio… invero un poco limitato.
1 settembre
Mi chiama questo gruppetto di carpini, che creano un’ombra fitta fitta. Sarebbe stato bello, fors’anche doveroso, disegnare l’ombra, ma avrebbe significato mescolare il nero col mattone per differenziare tutti i piani e le luci del fogliame e temo che mi ci sarei perso, come tutte le altre volte. Così ho messo la sveglia sulla mezzora (per disegnare poi un’ora), ho lavorato svelto nell’essenziale e sono soddisfatto dei miei alberi del mattino.
28 agosto
Il grande “platano nero” di piazza Insubria! Il cielo cupo di stamattina ha prolungato la luce crepuscolare dell’alba oltre l’alba, così ho disegnato per metà del tempo senza poter cogliere tutti quei dettagli che mi si sono palesati in seguito. E credo che mi abbia giovato.
Il tempo mi è volato, ho disegnato con un gusto speciale dall’inizio alla fine… e forse i platani si sono conquistati oggi il primato dei miei alberi preferiti da disegnare!
Imparo che, se viene l’incanto che ha bisogno di non curarsi del tempo, il suonare della sveglia non disturba, desta solo stupore il fatto che il tempo continua straordinariamente a scorrere anche quando dentro di me si è sospeso nella contemplazione.
…
Mi trovo spesso a sintetizzare le foglie con scarabocchi che le fanno molto più grandi di quanto sono. Però così l’albero perde maestosità. Proverò a renderle più minute, ricordandomi di temperare la matita prima e durante.
16 agosto
… nel ritrarre l’albero facevo fatica a risentire il senso di ragionamenti e intenti che mi ero dato nei giorni scorsi: l’obiettivo del piacere di disegnare momento per momento, ad esempio. Disegnavo, semplicemente. E anche se per certi versi mi pareva un passo indietro, non me ne importava granché né delle scoperte né del modo di disegnare… mi pareva tutto un giochino irrilevante dell’ego e invece io ero lì col mio albero davanti e il disegnare era solo un modo che mi viene più facile di altri di essere davanti a lui, di osservarlo ed essere in contatto.
Quello che sta venendo fuori a sorpresa dai giorni di questa strana estate è che sto diventando amico degli alberi. Non di quelli degli ambienti selvaggi di montagna, con cui è tutto più facile e naturale, ma di tutti gli alberi in cui m’imbatto. Mai prima d’ora avevo dato tanta attenzione agli alberi del mio quartiere… né mi ero accorto mai di quanti di loro sono davvero belli! o hanno elementi di grande bellezza.
7 agosto 2014
Tutto nasce da uno sguardo nuovo, chiamato dal tronco di un ciliegio morto. Immagine dalla forza intensa, ha catturato la mia attenzione e non l’ha mollata finché non ho accettato di ritrarlo. Disegnando, le forme che mi avevano colpito assieme all’assieme perché evocative di altre forme, hanno preso sempre più forza, fino a esigere d’essere disegnate a parte come forme autonome, figure dello spirito: un felino selvaggio che si arrampica o che attacca, il tronco e le gambe di un uomo aggredito da un drago, un uomo o l’Uomo in croce che invoca nel dolore…