Machination
Machination (colori di Gioia Giunchi)
Paravia Bruno Mondadori (ora Pearson), 2001
Per questo lavoro che si presentava un po’ più importante dei soliti e che partiva, una volta tanto, con un buon anticipo, assieme a Gioia dedicammo una cura particolare a progettare la scelta cromatica. Purtroppo, in mancanza di prove di stampa fedeli (e costose per l’editore), non potevamo avere il polso di quello che sarebbe stato il risultato reale su carta. Così la cupezza dei colori, funzionale all’atmosfera della storia e all’età dei lettori, risultò eccessiva in istampa, rincarata dalle ombreggiature a matita sgranata che avevamo sovrapposto ai livelli di colore, forse con uso del software ancora non pienamente consapevole. Se non ricordo male, Gioia inizialmente soffrì un po’ della limitazione della tavolozza, come succede anche a me quando mi impongo di lavorare con un numero limitato di colori. Ma se i toni sono ben scelti, la costrizione può dare risultati interessanti e offrire qualche bella sorpresa, oltre a garantire compattezza all’insieme.
A Gioia Giunchi, che è stata la mia prima colorista digitale (a parte il primissimo lavoro, realizzato con Alberto Bonanni che si stufò presto e passò la mano a lei), devo un sacco di lavoro fatto a notte fonda, con passione e un poco di sana sregolatezza giovanile. Scegliemmo subito di colorare con campiture che sbordano dai contorni del disegno, seguendo a modo nostro la strada che Scarabottolo aveva mostrato a tutti col suo stile particolarissimo, ben prima dell’era digitale. Gioia di suo aggiunse una specie di bagliori o vuoti di colore qua e là, con una funzione che a volte aveva a che fare con la luce e altre volte era soltanto grafica… e che divenne per quel periodo una caratteristica costante del mio lavoro d’illustratore.




